
Non tutti gli scrittori hanno la fortuna di sopravvivere al tempo che passa, di diventare immortali grazie alle loro opere. Alcuni ci riescono, ma sono pochi: essi ottengono importanti riconoscimenti e premi letterari, in vita o postumi, ed entrano nell’Olimpo degli illustri letterati della loro generazione; la loro fama valica i confini nazionali, le amministrazioni comunali gli dedicano vie o piazze e i loro libri vengono inseriti nei programmi didattici delle scuole.
Altri autori, invece, dopo la loro morte vengono ignobilmente dimenticati, messi da parte; i loro romanzi a poco a poco scompaiono dagli scaffali delle librerie e il loro nome, un tempo sulla bocca di tutti, viene pronunciato solo per rievocare qualcosa di lontano e tristemente indefinito. Questa è la sorte toccata a Massimo Bontempelli, scrittore comasco di inizio Novecento, ed è un gran peccato. Già, perché i suoi libri – oggi difficili da reperire, se non in edizioni vetuste e autocelebrative – hanno mantenuto intatto tutto il fascino che avevano all’epoca della loro creazione.
Bontempelli fu uno scrittore innovativo e coraggioso, oltre che giornalista, insegnante e traduttore. Egli partecipò anche alla vita politica del paese, membro, insieme a Luigi Pirandello, del Partito Nazionale Fascista e accademico d’Italia: la sua vicinanza al regime gli costò molte critiche, finché non se ne discostò dopo la rottura con Mussolini, in seguito all’emanazione delle leggi razziali.
Nel 1926 fondò, insieme a Curzio Malaparte, “900. Cahiers d’Italie et d’Europe”, una rivista letteraria in lingua francese che, nelle intenzioni, voleva gettare un ponte tra la letteratura provinciale italiana e quella europea, di più ampio respiro; la rivista ebbe vita breve, ma con il pregio di aver presentato per la prima volta in Italia alcuni grandi capolavori dell’epoca, come l’Ulisse di James Joyce e La signora Dalloway di Virginia Woolf. Nel 1953 vinse il Premio Strega col romanzo L’amante fedele e per lungo tempo ebbe una relazione con un’altra scrittrice, Paola Masino, anch’essa dimenticata. Così lo definiva il collega e amico Vincenzo Cardarelli:
Il cervello di Bontempelli è come una bombola d’alchimista dove tutto si trasforma e assume parvenze irreali e fantasiose. Ciò non vuol dire ch’egli non sia un artista di esperienze reali e vissute, un sagace e satirico pittore dei nostri tempi.
Bontempelli va ricordato infatti anche per un altro grande merito: quello di essere stato il padre fondatore del realismo magico in Italia – la corrente letteraria di ispirazione surrealista che trovò la sua massima espressione negli autori sudamericani del secondo dopoguerra, quali Julio Cortázar, Jorge Luis Borges e Gabriel García Márquez. I romanzi appartenenti a questo filone raccontano storie del tutto realistiche, in cui tuttavia compaiono elementi assurdi, sovrannaturali, appunto magici, che fanno irruzione nella realtà comune e condizionano le vite dei personaggi, risultando sempre vaghi e inspiegabili. Bontempelli sperimentò tutto ciò almeno quarant’anni prima, e per questo motivo ne è a tutti gli effetti un precursore.

Massimo Bontempelli fotografato da Mario Nunes Vais, anni Trenta.
Gente nel tempo è il romanzo con il quale Bontempelli toccò uno dei punti più alti nella sua carriera di scrittore: uscito a puntate sulla Nuova Antologia nel 1936, fu poi pubblicato in volume l’anno successivo da Attilio Barion, fondatore dell’omonima casa editrice.
Il libro è ambientato agli inizi del Novecento e racconta la storia di una famiglia, i Medici, che vive in una grande villa di campagna a Colonna, un paesino immaginario dell’entroterra ligure, lontano dal mare e dalla realtà. Capostipite della famiglia è la Gran Vecchia, una donna autoritaria e severa che governa la casa imponendosi sul figlio Silvano, sulla moglie di lui – nonché cugina – Vittoria e sulle loro figlie Dirce e Nora. A completare il quadro, un altro figlio scomparso, Livio – fuggito adolescente dalle grinfie della madre –, un devoto amico di famiglia con intenzioni ambigue e un abate bibliofilo che millanta doti da veggente.
Nella notte di domenica 26 agosto 1900, “ultimo giorno d’una settimana che era tutta stata di ferocissimo sole”, la Gran Vecchia sente di essere vicina alla morte. Convoca dunque al suo capezzale tutti i familiari, il notaio, il medico e il prete e, una volta espresse le sue ultime volontà, pronuncia una frase che suona come una maledizione:
La Gran Vecchia girò sui suoi cari uno sguardo preciso, e concluse: «Del resto, nessuno di voi morirà vecchio». […] «Tutto è regola, nella vita e nella morte».
Minacciosa, paurosissima profezia o vaneggiamenti di una vecchia rancorosa? Gli astanti, nel dubbio, rimangono pietrificati. E non è una sorpresa scoprire, nelle pagine successive, che la previsione della Vecchia sembra davvero avverarsi: ogni cinque anni, infatti, dal 1900 al 1925, un membro della famiglia Medici morirà, in circostanze più o meno chiare e imprevedibili. La vera sfida per i familiari superstiti sarà proprio quella di vivere aspettando quel fatidico quinto anno, in attesa di conoscere chi di loro sarà la prossima vittima della profezia.
«Non importa morire, importa non sapere quando. L’ignoranza è la giovinezza. Di mano in mano che uno un poco lo sa, lui se ne va. La vita è essere incerti, Dirce, la vita è non sapere, non sapere né quando né dove uno va, Dirce».
Nello scrivere il suo romanzo, Bontempelli si è ispirato a una storia vera, quella della famiglia Vietina del borgo di Montignoso, in Toscana, i cui membri morivano anch’essi inspiegabilmente a distanza di un numero uguale di anni; egli è riuscito così a creare una trama piena di suspense, degna dei migliori gialli di Agatha Christie.
Nel settembre dell’anno scorso, Gente nel tempo è stato ristampato da Utopia, una casa editrice milanese nata nel gennaio 2020, che punta tutto sulla raffinatezza del catalogo e sulla meravigliosa grafica delle copertine — lineare, pulita e d’impatto, di gusto quasi Bauhaus. Come si legge sul loro sito web, Utopia «non proporrà libri che si vendono, ma venderà i libri che si devono proporre»: una filosofia che trova tutto il mio sostegno.
Se, dopo aver letto il romanzo, vi resta la curiosità di approfondire la figura di questo straordinario autore del passato, vi consiglio di leggere Il caso Bontempelli. Una storia italiana, scritto da Paolo Aquilanti per Sellerio. La speranza è che, in futuro, tutte le opere di Bontempelli vengano ripulite dalla polvere accumulata nel corso degli anni, per farle conoscere alle generazioni odierne, affinché il suo nome torni a splendere come cent’anni fa.
Massimo Bontempelli, Gente nel tempo, Utopia, 192 p.