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PAUL MORAND, Al mare

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Quando, guardandomi indietro, penso a giorni di gioia perfetta, erano quasi sempre giorni d’estate; vale a dire che si potevano fare dei bagni.

Il mare. Teatro di molte nostre vacanze, luogo di svago e meditazione, di quiete e tempesta. Grande e immenso, mai fermo: un perenne miracolo, un universo instancabile. Il mare e i suoi mille scenari: il sibilo delle onde nei porti abbandonati; le orgogliose scogliere popolate di alghe e granchi fiammeggianti; le spiagge inviolate, le conchiglie, i ciottoli, la sabbia, il sale e il sole. Il mare è il luogo dove è nata la vita, l’elemento primordiale al quale l’uomo, spinto da richiami profondi, brama di tornare.

“Il mare; senza di esso non vi è felicità!”

Il mare è il protagonista di questo incantevole libro di Paul Morand, poeta e scrittore francese, emblema della modernità letteraria di inizio Novecento. Egli fu allievo di Jean Giraudoux e amico di importanti personaggi dell’élite parigina di inizio secolo, come Jean Cocteau, Marcel Proust e Coco Chanel. Autore eclettico, dallo stile elegante e raffinato, Morand toccò un po’ tutti i generi letterari e nel 1968 divenne membro dell’Académie française. 

Oltre alla sublime attività di letterato, Morand condusse una lunga e brillante carriera diplomatica che lo portò a intraprendere lunghi viaggi in giro per il mondo: ciò gli consentì di scoprire luoghi e culture diverse e di scrivere meravigliosi testi di viaggio – tra questi, basti citare Rien que la terre del 1926, Le voyage del 1927 e La route des Indes del 1936. In Italia egli ebbe purtroppo poca fortuna, ma riuscì comunque a conquistarsi la stima di alcuni tra i maggiori interpreti della cultura italiana del Novecento: tra questi c’era Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che attribuiva ai suoi scritti “una specialissima e inattesa commozione”.

Il libro di cui voglio parlarvi fu pubblicato per la prima volta nel 1960 da La Guilde du Livre di Losanna, primo club del libro svizzero in lingua francese, creato nel 1936 e rimasto in attività fino al 1978: il volume era in realtà un’edizione fuori commercio per gli iscritti al club, prodotta in 10.000 esemplari numerati e corredati di sedici illustrazioni a colori. In Italia, la prima edizione tradotta arrivò quasi quarant’anni dopo, nel 1999, per la casa editrice Archinto ed è proprio quella da me posseduta.

Bains de mer, bains de rêve è una piccola collezione di ricordi e riflessioni, un diario intimo in cui Morand rievoca con nostalgia i mari e le spiagge visitate nel corso della sua vita, le vacanze trascorse in compagnia degli amici e tutti i bagni che, ancora a settant’anni, non si nega di fare. Un’ode al mare, alla forza e alla libertà di cui è simbolo, un vero e proprio tuffo nella dolce memoria dell’autore.

Abituato come sono da sempre ad attraversare vite e paesaggi, cercherò qui di fare in modo che i miei lettori abbiano la sensazione che il tempo sia più breve e che l’ombroso appartamento in cui apriranno questo libro sia più luminoso.

Il viaggio che Morand vuole farci intraprendere comincia dalle meravigliose coste del Portogallo, dove “come sul lungo bancone d’un venditore di seterie, le onde dispiegano davanti al cliente gli scampoli della loro seta violacea o di taffettà azzurro”: da Estoril, Cascais, Sagres si prosegue poi verso le avvincenti spiagge dell’Andalusia e delle isole Baleari, quando ancora non erano state invase dai vacanzieri di mezza Europa e conservavano tutta la loro bellezza indigena.

Eccoci poi catapultati sulle pericolose spiagge di Tangeri e Gibilterra, dove il vento soffia incessantemente e i gatti, attirati dall’odore del pesce, aspettano che le reti siano tirate a secco dai pescatori “con i loro turbanti alla Delacroix, drappeggiati nei loro cenci arancioni o rosa”. Le grotte e le scogliere della Corsica sono altrettanto ostili e belle, poiché “mantengono per tutto il giorno il ricordo del sole al tramonto che sembra le abbia tinte eccessivamente di vermiglio”.

Prima edizione di “Bains de mer, bains de rêve” della Guilde du Livre, Losanna, 1960.

È ora il turno della nostra cara Italia, con la sua storia e i suoi inestimabili tesori: lo splendore della Sicilia, dove la dolce spiaggia di Mondello convive con il suolo arroventato dell’isola di Stromboli; la vivacità del porto di Cagliari e la bellezza incontaminata delle coste sarde, perfette per il turista allo stato selvaggio; poi l’affollata costa ligure, “così popolosa, così soffocata da automobili e camion […] che bisogna spingersi fino a Rapallo o Portofino per ritrovare un po’ di natura”; il fascino compromesso di Capri e l’eleganza nobile di Ischia, che “difesa dai suoi prezzi e dall’assenza di strade sulla costa occidentale, resta ancora al riparo dai «vacanzieri»”.

Il viaggio prosegue verso le coste dalmate, dove l’Adriatico ritrova i suoi veri colori con “un’acqua trasparentissima, dove gli scogli sottostanti erano viola come un muro coperto da bouganville”, fino a scendere più giù, verso l’Egeo: qui incontriamo Creta, “zattera dove si bagnano tre continenti” e le splendide isole greche, Rodi, Mykonos, Zante, Corfù, dove i bagni selvaggi, primitivi sono seguiti da pasti frugali a base di capretto, formaggi e pane di mais.

Arrivati a questo punto, è ora di lasciare il Mediterraneo e di raggiungere i famosi seaside resorts inglesi, dove i riposi sono guastati dall’acqua troppo fredda, dal brutto tempo, dalle masse di bagnanti e dalla pessima cucina delle pensioni familiari. Le scogliere della Cornovaglia “striate di verde o di rosso come una cravatta di un club”, ridanno luce a questo panorama.

Morand sceglie come tappa finale la Francia, raccontandoci dei luoghi a lui più intimi e cari: egli rievoca i dolci ricordi delle estati passate in Costa Azzurra, tra le insenature rocciose di Marsiglia e le spiagge ghiaiose di Nizza, e rivive la malinconia dei paesaggi delle coste Bretoni, di Saint-Malo, Mont-Saint-Michel, Morgat e Porspoder, dove si possono avvistare “accoppiamenti di bagnanti sulla spiaggia nera, malgrado il gioco di luci di dieci fari, dall’isola di Vierge alla punta di Saint-Matthieu, fari le cui luci si incrociano sulle teste degli amanti, come le spade degli ufficiali di reggimento inglesi al di sopra dei giovani sposi che escono dalla chiesa”.

Ecco, il nostro viaggio è giunto al termine. In poche pagine abbiamo scoperto gli angoli più belli di mezza Europa, abbiamo condiviso le gioie e le emozioni di chi ce li ha descritti, abbiamo forse ritrovato luoghi conosciuti e anche a noi molto cari. Di sicuro ci è venuta voglia di partire, di raggiungere il mare, per tornare a perderci nella contemplazione della sua forza, per lasciarci sopraffare dalla sua immensa bellezza.


Paul Morand, Al mare, traduzione di Anna Morpurgo, Archinto, 119 p.

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