
Dell’innumerevole mole di libri scritti nell’arco della sua carriera da Georges Simenon, re del romanzo poliziesco e padre di uno dei più iconici detective del mondo letterario, In caso di disgrazia è uno dei meno conosciuti. Si tratta di un noir in cui l’autore ci regala una fredda e accurata indagine sui meccanismi della psiche umana, condotta con l’inconfondibile stile borghese e una punta di perversione dettata dalla licenziosità dell’argomento.
Questa la trama: Lucien Gobillot è un affermato avvocato parigino di mezza età, amato dalla moglie e stimato da tutti per la sua sagacia e per il vigore che dimostra nelle aule di tribunale. Egli si trova a difendere una giovane donna, Yvette Maudet, dall’accusa di tentata rapina a un negozio di orologiaio, che avrebbe commesso con l’aiuto di una complice, sua amica e come lei prostituta. Nonostante le due siano colpevoli, Gobillot riesce a scagionarle, mettendo a rischio la propria reputazione con mosse azzardate e false testimonianze, il tutto perché si è invaghito della ragazza.
Subito dopo il processo, Gobillot e Yvette iniziano una relazione, un rapporto morboso in cui l’avvocato recita il ruolo di salvatore, dimostrandosi possessivo nei confronti della donna, mentre quest’ultima sacrifica i propri istinti in virtù della riconoscenza che prova per lui. Gobillot sa che la situazione potrebbe sfuggirgli di mano e compromettere la sua posizione: inizia quindi la stesura di un diario, nella sciagurata ipotesi che in futuro gli servano prove per far fronte a una disgrazia. En cas de malheur, appunto.
La storia creata dalla penna di Simenon fa parte della serie dei cosiddetti “romanzi duri”, in cui Maigret non compare; l’autore vi racconta di persone comuni invischiate in vicende torbide, analizzandone i movimenti secondo uno schema seriale, fatto di inganni e sovrapposizioni, che ha l’effetto di tenere il lettore incollato alle pagine.
I fatti si susseguono con una lentezza ponderata e vengono descritti in modo maniacale, incastrandosi l’uno nell’altro fino al rovinoso epilogo. I personaggi sono definiti con estrema franchezza, mettendo a nudo il loro lato peggiore, colmo di ossessioni, vizi e di un’innata tendenza alla perdizione.
Yvette, l’oggetto del desiderio, altro non è che una ragazzina insulsa e corrotta, al contrario della moglie Viviane che è una donna raffinata e bella; nonostante questo, Lucien si invaghisce della ragazza e non riesce più a farne a meno, attratto com’è dal suo fascino magnetico e dal suo costante bisogno di protezione. La moglie, dal canto suo, è al corrente di tutto e sembra incentivare questa frequentazione, privando Lucien di una facile via di fuga.
I personaggi femminili sembrano quindi condurre il gioco psicologico della vicenda, esercitando un’ipnotica influenza su un uomo che appare privo di dignità, codardo e debole. La sua passività è spinta al limite e più volte lo fa cadere nel ridicolo, come quando invia un romantico mazzo di fiori all’indirizzo sbagliato. Un’indole, la sua, profondamente ottusa e meschina, che tuttavia lo lascerà impunito.

Brigitte Bardot e Jean Gabin sul set del film En cas de Malheur, Francia, 1958.
Il pubblico dell’epoca accolse con favore il romanzo, che fu ristampato in più edizioni e tradotto in diverse lingue. Nel 1958 se ne ebbe una trasposizione cinematografica per la regia di Claude Autant-Lara, il quale scelse Jean Gabin e Brigitte Bardot per il ruolo dei due protagonisti. In Italia il film uscì con il titolo La ragazza del peccato, con la chiara volontà di porre l’accento sull’esuberante personaggio di Yvette ‒ e forse anche con l’intento di sfruttare la crescente popolarità della Bardot per promuovere il film.
Per chi ama Maigret, un modo per scoprire un Simenon diverso e più disinibito, ma mai privo del fascino che da sempre contraddistingue le sue opere.
Georges Simenon, In caso di disgrazia, traduzione di Laura Colombo, Adelphi, 177 p.